Matija Bećković

L’accademico Matija Bećković, uno dei più famosi poeti e saggisti contemporanei serbi, è nato nel 1939 a Senta, nel Nord della Serbia, nella provincia multietnica della Vojvodina (allora Regno di Jugoslavia), in una famiglia dei serbi originari del Montenegro. Il padre era un ufficiale dell’esercito reale. Con la capitolazione dell’esercito reale nel 1941, per sfuggire alla prigionia, la famiglia di Bećković si trasferì in Montenegro, nella tenuta di campagna del padre, dove piccolo Mattia ha fatto le scuole elementari e imparato il dialetto locale, che da grande userà per scrivere alcune delle sue poesie. Si è diplomato presso il Liceo della città di Valjevo, nella Serbia centrale, e si è laureato in lettere e filosofia presso l’Università di Belgrado, la città dove vive attualmente dal 1960.

Fu durante gli anni di liceo a Valjevo che pubblicò il suo primo poema e conobbe la sua futura moglie, Vera Pavladoljska, alla quale dedicherà la famosa e omonima poesia. Ha scritto anche diversi saggi, testi teatrali e monodrammi.

 

 

È diventato il membro per corrispondenza dell’Accademia serba delle scienze e delle arti nel 1983, e il membro ordinario nel 1991.

Cominciò a comporre poesie sotto l’influsso del neosimbolismo, presente nella poesia serba a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso. Molto presto, però, ha imboccato una propria via. Ha saputo operare la sintesi della prospettiva modernistica del poetare e della tradizione epica. Bećković riesce a cantare, con semplicità, ironia, e tristezza non soltanto la storia del luogo natio, ma anche la storia umana in generale. In alcune poesie è riuscito anche ad introdurre la parlata dialettica di Rovce (regione abitata da una piccola comunità tribale del Montenegro). Nella poesia di Bećković troviamo anche uno dei pessimismi più profondi nella poesia serba. Quanto è trasparente e chiaro, nasconde spesso sostanze complesse, mentre l’oscuro e il torbido si riduce il più delle volte a denominatori semplici.

 

Un tema particolarmente a lui caro è quello della vita come dei fatti quotidiani e in particolare di quanto non vi accade, che ha espresso benissimo nel monodramma “Mi ha detto un tale”. La sua comparsa nel mondo della poesia serba è segnata dalla pubblicazione della raccolta dedicata al suo amore, alla sua moglie “Vera Pavladoljska” (1962), seguita da “Proiettile errante” (1963), “Così parlò Matija” (1964), “Cippo di Vuk, il Folle” (1976), “Lamenti e gemiti” (1978), “Due mondi” (1980), “Di chi sei tu, piccolo” (1989), “Si dice che…” (1988), “Supergallo” (1990).

Eccellenti sono anche i suoi saggi: “La liturgia per san Sava” (1987), “A proposito di Njegoš” (1988), “Sima Milutinović di Sarajevo” (1988), “Kosovo, la parola serba più costosa” (1988).

I testi di Matija sono stati presentati nei teatri nazionali ed all’estero. Ha scritto anche una commedia “Belgrado oggi ed una volta”, poi due drammi per la televisione e due pezzi teatrali per l’infanzia trasmessi dalla televisione di Belgrado. Il dramma “Che – una tragedia che dura” (insieme ad un altro poeta serbo famoso  Dušan Radović) è stato tradotto in tedesco e in inglese ed è stato rappresentato come radiodramma in Germania e negli Stati Uniti dell’America. Il poema Epiphani (L’Epifania) è stato pubblicato in Canada in un’edizione bilingue.

 

Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi per le sue opere. È cittadino onorario di Senta e Subotica in Serbia e di Prijedor in Montenegro. Il principe Aleksandar Karadjordjević l’ha decorato con la medaglia del Cavaliere della Grande Croce dell’Ordine dell’Aquila Bianca. In occasione del suo settantesimo compleanno, è stato decorato con la medaglia di Santo Sava.

Al referendum sull’indipendenza del Montenegro, nel 2006, Bećković non ha avuto il diritto di voto, poiché vive in Serbia. Tuttavia, in qualità di famoso scrittore e storico, era fortemente contrario all’indipendenza montenegrina, sostenendo attivamente l’Unione tra Serbia e Montenegro.

Recentemente il governo montenegrino ha emanato una “Legge sulle comunità religiose” allo scopo di espropriare i beni della secolare Chiesa serbo-ortodossa a favore della nuova Chiesa montenegrina, non riconosciuta dalle altre Chiese ortodosse.  Questa mossa è stata vista da tanti, compreso Bećković, come un ulteriore tentativo di allontanamento forzato tra il Montenegro e la Serbia, che sono uniti da una secolare storia comune, di cui anche nella più famosa opera letteraria “Gorski Vjenac – Il serto della montagna” di Petar II Petrović Njegoš, un vescovo serbo ortodosso e principe di Montenegro che riformò e l’ammodernò lo stato montenegrino nel diciottesimo secolo.

Lidija Radovanović

Matija Bećković sarà l’ospite d’onore dal 23 al 25 giugno alle Giornate della cultura serba in Italia  →leggi di più

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