ĐURĐEVDAN – ЂУРЂЕВДАН

Di Milica Marinkovic

 

Per me, innanzitutto, è la festa dei fiori, della libertà, dell’incrocio, della condivisione. Il sei maggio i serbi ortodossi celebrano Свети Ђорђе (Sveti Đorđe), San Giorgio, uno dei santi maggiormente venerati dalla Chiesa ortodossa. Questo santo, martire, è rappresentato con una lancia che trafigge il drago. Ed è questa l’immagine che da sempre nutre l’immaginazione e il credo degli uomini. Trafiggere il drago, ovvero trafiggere il male, la serpe del paganesimo, tanto temuta dal Cristianesimo; ma si potrebbe pensare anche all’irrazionale sconfitto dalla ragione. In questo gioco perpetuo tra Dio e Satana, tra Cristo e il malefico, tra l’inferno e il paradiso, tra il peccato e il pentimento, s’inscrive la vera natura di questa festa che affonda le sue radici in un tempo primordiale, molto prima di Cristo e di tutte le scolastiche. E le sue radici si trovano, appunto, nella natura. Đurđevdan, a prescindere dal suo significato religioso, è l’inno alla primavera, è il saluto ai fiori. Per questa ragione è molto sentito presso quelli che più di tutti gli altri rispettano la natura e le sue leggi, vivono ascoltandola e assecondandola. I rom. Presso i rom balcanici e i serbi questa festa viene onorata proprio così com’è il suo spirito. Come il saluto alla vegetazione e alla natura e non solo come una celebrazione religiosa. In quell’occasione le due etnie, quella serba e quella rom, si avvicinano e per un po’ ci si dimentica chi è chi e ci si immerge nei festeggiamenti allegri. E siccome la primavera è davvero tale solo se accompagnata dai fiori, la celebrazione si rispecchia in una bellissima usanza, amata da tutte le ragazze. Ogni anno, la sera prima del giorno di San Giorgio, si raccolgono dei fiori variopinti per farne delle bellissime corone, che vengono appese alle porte e ai portoni. I festeggiamenti iniziano con la decorazione delle case con fiori e rami coperti di boccioli, in onore della stagione più bella.

Quando ero piccola, per me il vero Đurđevdan arrivava dopo il pranzo festivo. Con impazienza e gioia aspettavo il momento in cui andavamo tutti nel quartiere dei rom, degli zingari, dove iniziava la vera festa. Lì c’era di tutto: bancarelle, zucchero filato, gelato al cioccolato, alla fragola o alla vaniglia, musica, maiali arrostiti, frutta, giocattoli, palloni, vestiti di seta, foulard, bigiotteria. Era la loro festa, soprattutto, e per loro era ed è ancora molto importante, quasi quanto il Natale per i cristiani. I rom acquistavano vestiti nuovi per quell’occasione, tutti erano abbigliati da domenica, profumati, allegri, eleganti a modo loro. (Se desideri approfondire gli argomenti culturali, li puoi trovare nel mio libro intitolato IN SERBO.)

 

Sicuramente conosci la canzone “Đurđevdan” (in serbo) o “Ederlezi” (in lingua romaní). Esistono diverse versioni di questa melodia con diversi testi in diverse lingue (infatti, i testi di “Đurđevdan” e di “Ederlezi” non si corrispondono). Questa musica è stata composta da Goran Bregović per il film „Il tempo dei gitani“ (Dom za vešanje) di Emir Kusturica. Se non conosci la canzone, ti invito ad ascoltare le due versioni (e ammirare le scene del film „Il tempo dei gitani“) seguendo questi link:
Ederlezi https://youtu.be/EZf00ad3G6o
Đurđevdan https://youtu.be/RWLaiLDa8sI

LEZIONI DI PRONUNCIA
Il suono Đ e il suono Dž sono molto simili. Troviamo Đ nelle parole „Đurđevdan“, „Đorđe“, „đurđevak – il mughetto“, „đak – uno studente“, mentre, in „džak – un sacco“, „džem – la marmellata“ vediamo . In questi due video ti mostro qualche esercizio facile per imparare a pronunciare Đ e Dž in modo corretto:
CLICCA QUI PER LA LEZIONE Đ
CLICCA QUI PER LA LEZIONE DŽ

 

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