SONJA RAKOČEVIĆ – il ricordo e la promessa

Scrive: Dejan Kusalo – referente per le questioni umanitarie

Per conto dell’Unione dei Serbi in Italia ho visitato il Kosovo e Metochia nel periodo dal 18 al 22 marzo, in ricordo del pogrom del 2004 avvenuto dal 17 al 19 marzo. Ho deciso di raccontare le mie esperienze di quest’ultimo viaggio in Kosovo e Metochia ma anche dei progetti che abbiamo fatto, di quelli che portiamo avanti e di quelli che abbiamo intenzione di mettere in piedi. Non ho voluto farlo in un unico articolo ma in alcuni, divisi tra loro, sempre parte di un unica idea, obiettivo e promessa: Kosovo è terra serba, la nostra Gerusalemme e il nostro Monte Sacro.

Gli articoli sono i seguenti:

– Progetto “Furgone per il Kosovo e Metochia”
– Kosovska Mitrovica, città divisa
– Prizren, città imperiale
Gorazdevac: la tragedia di un enclave sola ma che combatte grazie alle donne dell’associazione “Briga”
– Sonja Rakocevic: il ricordo e la promessa
– Zocište, il più visitato monastero ortodosso dai musulmani
– Conclusione: situazione delle cucine popolari in Kosovo e Metochia, dei monasteri e chiese, della popolazione e della dura convivenza nella regione.

 

SONJA RAKOČEVIĆ

il ricordo e la promessa

 

Penso che moltissimi di noi leggendo i libri di storia o guardando qualche film che tratta argomenti storici, abbiano immaginato di essere presenti lì in prima  persona e di partecipare a quei momenti significativi per la storia dell’uomo, o anche di poter conoscere qualcuno di quei personaggi che rimarranno poi impressi per sempre nella storia e nel ricordo collettivo.

Questa fortuna io l’ho avuta dopo aver conosciuto dottoressa Sonja, pediatra di Gračanica, e in seguito suo marito Živojin, che però già seguivo da molto tempo per le sue battaglie con carta e penna nel territorio occupato della provincia meridionale serba del Kosovo e Metochia. Fino a quel momento non avevo mai incontrato nel corso della mia vita una coppia come questa – entrambi devoti, entrambi tenaci lottatori, sempre insieme per garantire un futuro migliore a chiunque fosse in difficoltà, anche al prezzo della propria vita.

 

Non so come descrivere la sensazione che provo e come spiegare la difficoltà che ho a scrivere di Sonja – sono giorni che apro e richiudo il notebook, il dolore è troppo forte. Si, perché la nostra carissima dottoressa Sonja ci ha lasciati, dopo un mese di sofferenza e lotta contro il Covid19. Si è spenta a Belgrado il 7 gennaio di quest’anno – il giorno di Natale serbo ortodosso.

 

Durante il mio ultimo viaggio in Kosovo e Metohija, ho voluto visitare il posto dove ora riposa Sonja, un piccolo e grazioso monastero femminile vicino a quello celebre e rinomato di Gračanica, annoverato nel patrimonio dell’Unesco, e vedere Živojin, l’unico uomo che per Sonja ha l’abitudine di dire “la mia Sonja” – perché se parlate con qualcun altro che ha conosciuto Sonja sentirete sempre  “la nostra Sonja”, lei c’era per tutti ed era di tutti, nella stessa maniera e senza mai fare distinzioni – l’amore più grande però, giustamente, l’ha conservato per il marito Zivojin e i figli Dimitrije e Simonida.

Ho conosciuto Sonja alcuni anni fa grazie al progetto “Le Gioie del Cuore”. All’epoca fui contattato per vedere se fosse fattibile raccogliere i fondi per la sua specializzazione in Italia. Si trattava della specializzazione in diagnostica cardiovascolare presso il policlinico di San Donato Milanese, una specializzazione che poi le avrebbe permesso di individuare deformazioni gravi e altri seri problemi cardiologici nei bambini e di contribuire a salvare la vita a decine di bambini cardiopatici. Il progetto “Le gioie del cuore” ( l’associazione Amici di Decani e l’Associazione Cuore Fratello) ebbe come risultato l’ottenimento di un importante numero di operazioni a cuore aperto, particolarmente complesse e eseguibili solo in poche cliniche in Europa. Serviva però qualcuno che, una volta raccolto il denaro per la specializzazione, venisse in Italia per più di 6 mesi lasciando la famiglia e amici nella terra martoriata del Kosovo.

Potrebbe sembrare una cosa da poco e nulla di straordinario, ma  dovete sempre tener in mente che si tratta del Kosovo, di una terra occupata, sotto controllo di ex terroristi albanesi e di contingenti militari stranieri e che suo marito non è di certo uno di quei giornalisti che siamo tanto abituati a vedere oggi, quelli che seguono la corrente e tacciono di fronte alle ingiustizie. Živojin Rakočević è costantemente nel mirino di chi in Kosovo e Metohija è padrone della vita e della morte. Infatti, come famiglia, hanno sempre avuto molto coraggio e consapevolezza, soprattutto del rischio che correva Zivojin poiché molte volte, con il sorriso in faccia ma con il tono serio lui diceva “io la mia famiglia l’ho sempre preparata al fatto che un giorno potrei non tornare a casa”. Non aveva mai pensato che il destino avrebbe preso un’altra piega, anche perché non solo a lui, ma a tutti noi la nostra Sonja sembrava indistruttibile.

 

Sonja è nata a Kosovska Kamenica, e non ha mai voluto abbandonare il suo Kosovo e Metohija, tranne per gli anni di studi che servirono per tornare a casa e mettersi al servizio dei pazienti. Ha terminato la scuola elementare presso la cittadina natale, il liceo a Leskovac e la Facoltà di Medicina a Pristina. Si è specializzata presso la Clinica Universitaria dei Bambini “Tiršova” di Belgrado e ha lavorato fino alla fine presso l’ospedale di Gracanica, l’unico ospedale dove i serbi che vivono a sud del fiume Ibar possono curarsi. Un’ intera regione di enclave si reca qui per tutti i controlli sanitari di cui necessitano.

Sonja conosceva bene i rischi ma non ha mai pensato di abbandonare il posto di lavoro – ha condotto la sua battaglia sempre in in prima linea. Non importava il rischio, nemmeno gli orari improponibili e spesso disumani, lei  era sempre presente e a disposizione dei suoi piccoli pazienti. Anche degli adulti, perché i genitori con i figli malati hanno bisogno di essere compresi, consolati, rincuorati. E chi meglio di lei, madre, donna, dottoressa di cuore tenero e colmo di amore lo poteva fare?

Gli sforzi e il duro lavoro all’ospedale, lo stress e il virus che non ha saputo almeno questa volta risparmiare qualcuno che tutti amavamo, hanno avuto la meglio. Sonja ora non è più con noi, ma rimane il ricordo, il suo amore per noi e il nostro per lei. Rimane il suo sorriso, impresso nelle nostre anime, sincero e disarmante, il sorriso di chi sa di aver vinto perché nella vita non ha fatto altro che donare e seminare l’amore. Quell’amore che non è soggetto alle leggi di fisica, di tempo e spazio. Eterno e indistruttibile.

Rimane anche una promessa che abbiamo fatto a lei e a tutta quella gente in Kosovo e Metohija che quotidianamente combatte la dura battaglia contro un mondo deteriorato e ipocrita, fatto di interessi e di morti inutili per benefici economici: Noi non ci arrenderemo mai! Noi ci saremo e cercheremo di essere sempre più numerosi. I sacrifici pagati con la vita come quella di Sonja e vite vissute sul filo del rasoio come quella di Zivojin, gli sforzi e le sofferenze di tutte quelle persone del Kosovo e Metohija che ho conosciuto negli anni e che ho cominciato a chiamare amici e fratelli, non possono essere dimenticati. Noi che abbiamo visto tutto ciò con i nostri occhi, semplicemente non ce lo possiamo permettere.

Nessuna resa – Нема предаје 

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